Con caldo e inquinamento il rischio di infarto raddoppia

Una ricerca cinese sui dati di cinque anni ha trovato una correlazione significativa tra il rischio di decessi per infarto e giorni caratterizzati da caldo e da freddo estremo e alti livelli di particolato nell’aria
Il mix di caldo e inquinamento può essere micidiale. Tanto da raddoppiare il rischio di morte per infarto.

Sono allarmanti le conclusioni di un nuovo studio condotto dalla Sun Yat-sen University di Guangzhou (Cina), pubblicato su Circulation, la rivista di punta dell’American Heart Association. Nel dettaglio la ricerca, analizzando i dati di una singola provincia cinese nell’arco di cinque anni, ha trovato una correlazione significativa tra il rischio di decessi per infarto e giorni caratterizzati da caldo estremo – ma anche di freddo estremo – e alti livelli di particolato nell’aria.
Lo studio ha anche rivelato un particolare aumento dei decessi per infarto nei periodi estremamente caldi tra le donne rispetto agli uomini e negli anziani rispetto ai giovani. I dati mostrano anche che il rischio di attacchi cardiaci mortali si intensifica quanto più a lungo dura un evento meteorologico estremo. Ma i risultati più eclatanti riguardano il mix di caldo estremo e inquinamento: il rischio di attacchi cardiaci fatali è raddoppiato durante le ondate di caldo di quattro giorni quando i livelli di inquinamento da particolato fine sono superiori a 37,5 microgrammi per metro cubo.
“Le ondate di calore stanno diventando più frequenti, più lunghe e più intense e i loro effetti negativi sulla salute sono davvero molto preoccupanti”, commenta Giovanni Esposito, direttore della UOC di Cardiologia, Emodinamica e UTIC dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli e presidente della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE). “A questo si aggiunge un altro problema che riguarda la presenza elevata di particolato fine nell’aria, che può interagire sinergicamente con temperature estreme per influire in modo negativo sulla salute cardiovascolare”, aggiunge.

Prese in esame 200 mila morti per infarto
Lo studio ha esaminato oltre 202.000 morti per infarto tra il 2015 e il 2020 nella provincia di Jiangsu, in Cina. Il particolato, o inquinamento da particelle, è il mix di goccioline solide e liquide che galleggiano nell’aria. Questo studio si è concentrato sui danni causati dal particolato più piccolo: PM2.5. È così piccolo – 1/20 di larghezza di un capello umano – che le persone non possono vederlo e può superare le normali difese del corpo. Invece di essere espirato, può rimanere bloccato nei polmoni o entrare nel flusso sanguigno. Le particelle causano irritazione e infiammazione e possono portare a problemi respiratori.
L’esposizione a lungo termine al particolato può causare cancro, ictus e infarto.
“Lo studio cinese ha osservato che nei giorni in cui l’inquinamento superava i 37,5 microgrammi per metro cubo e un’ondata di caldo durava quattro giorni, il rischio che qualcuno morisse per un infarto era il doppio del solito”, sottolinea Esposito. Le ondate di freddo e le giornate ad alto inquinamento non sembrano avere lo stesso effetto.

Temperature “estreme” anche tra 28 e 37 gradi
Le temperature estreme considerate dagli scienziati non sono solo quelle in cui il termometro raggiunge o sfora i 40 °C. Basta anche che le temperature si aggirino tra i 28° C e i 37° C. In questa finestra, infatti, durante un’ondata di caldo di due giorni, il rischio di morire per un infarto è risultato del 18% più alto.
Mentre durante un’ondata di caldo di quattro giorni, con temperature tra i 38 °C e i 43 °C, il rischio di morire per un attacco di cuore è del 74% maggiore. In definitiva, i ricercatori stimano che fino al 2,8% dei decessi per infarto possa essere attribuito alla combinazione di temperature estreme e alti livelli di
inquinamento da particolato fine.
“Considerata la maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi dovuti ai cambiamenti climatici, le persone dovranno prestare molta più attenzione alle temperature e ai livelli di inquinamento prima di uscire di casa e prendere le dovute precauzioni se vogliono prendersi cura della propria salute cardiaca”,
raccomanda Esposito.
“Le persone più a rischio infarto a temperature estreme, cioè coloro con patologie pregresse, gli anziani e i giovanissimi, dovrebbero assicurarsi di rimanere in casa nei giorni caldi e ad alto inquinamento. È consigliabile – continua – anche utilizzare un purificatore d’aria, ventilatori e condizionatori e, se si deve uscire, meglio farlo di mattina presto quando le temperature sono più basse e indossando abiti larghi e di colore più chiaro”.
Come impatta sulla salute il mix caldo-inquinamento?
Anche se lo studio non spiega in che modo il mix di caldo e inquinamento impatta sulla salute, ci sono numerose evidenze della relazione complessa esistente tra temperature eccezionalmente elevate e inquinamento: più inquinanti immettiamo in atmosfera maggiori sono i cambiamenti climatici e, di
conseguenza, maggiore è la frequenza e l’intensità delle ondate di calore che, a loro volta, aumentano la concentrazione di polveri sottili (PM2.5).
A questo si aggiungono gli adattamenti fisiologici del corpo che per regolare la temperatura aumenta la frequenza respiratoria e l’afflusso di sangue periferico, incrementando così l’esposizione agli inquinanti ambientali.

Preoccupazione per i più fragili
“Siamo molto preoccupati dell’impatto che questo mix di caldo estremo e inquinamento atmosferico può avere sulla salute degli italiani, specialmente la popolazione più fragile”, commenta Massimo Tortorella, presidente Consulcesi. “In letteratura scientifica ci sono numerose evidenze che collegano questo micidiale cocktail all’aumento di problemi a carico dell’apparato respiratorio e cardiovascolare, come asma, polmoniti, broncopneumopatia cronica ostruttiva e anche infarto, ictus e altri tipi di coronaropatie – continua -. E sempre più italiani se ne stanno rendendo conto. Non è un caso se nell’ultima settimana abbiamo registrato un aumento di ben il 20% delle adesioni alla nostra azione collettiva ‘Aria Pulita’”.

Iniziativa legale in Italia
È infatti in corso in Italia un’iniziativa legale rivolta a oltre 40 milioni di italiani, residenti in più 3.330 comuni in cui la Corte di Giustizia Europea ha accertato violazioni per il superamento dei valori soglia di inquinamento, che ha come obiettivo risarcire coloro a cui non è stato garantito il diritto a vivere in un
ambiente salubre.
Nel frattempo i ricercatori cinesi – e non solo – sottolineano la necessità di condurre ulteriori ricerche sui possibili effetti negativi di eventi meteorologici estremi e l’inquinamento da particolato fine, per poter comprendere meglio la relazione tra caldo estremo e inquinamento, e il suo impatto sulla nostra salute.

Aria inquinata per 6,5 milioni di bimbi in Italia, al via la prima azione legale collettiva

L’avvocatura Consulcesi: «Ecco perché i più piccoli, pur non avendo contribuito all’inquinamento atmosferico, ne subiscono i danni più gravi»
Sono circa 6,5 milioni i bambini che, in Italia, respirano aria malsana esponendosi, loro malgrado, a potenziali gravi rischi per la salute. Sono quelli che risiedono nei 29 agglomerati urbani in cui si sforano i limiti sanciti dalla Corte Ue.
Partendo dal preoccupante aumento tra i giovanissimi delle patologie respiratorie e leucemie,
l’Organizzazione Mondiale della Sanità evidenzia come i bambini siano maggiormente esposti ai rischi
dell’inquinamento dell’aria.
Il dottor David Korn, pediatra, dirigente medico del Pronto soccorso pediatrico e responsabile dei progetti
di Digital Health del Policlinico universitario A. Gemelli IRCCS, intervenuto al convegno “Liberi di respirare” organizzato da Consulcesi, pool di legali che ha intrapreso la prima azione legale collettiva per difendere il diritto a respirare aria pulita, ha spiegato perché i bambini, pur non avendo contribuito all’inquinamento atmosferico, ne subiscono i danni più gravi.
Prima di tutto, ha ricordato il dottor Korn, i bambini più piccoli respirano molto più rapidamente di un
adulto. Un bambino di 6 mesi, infatti, inspira circa 24 volte al minuto contro i 12 di una persona adulta,
questo vuol dire che, nonostante le piccole dimensioni, sono in grado di inalare una gran quantità di polveri sottili ed altre sostanze tossiche immesse nell’aria.

I bambini sono più bassi o trasportati sui passeggini, respirano quindi molto più vicini al suolo ed ai gas di scarico delle nostre auto. Infine, sono organismi in rapidissima crescita, basti pensare che un neonato nei primi sei mesi di vita raddoppia il proprio peso, passando da circa 3 a 6 chili. Questo processo di eccezionale duplicazione cellulare è estremamente vulnerabile agli agenti inquinanti presenti nell’aria proprio perché sono in grado di danneggiarlo in modo irreparabile».
«Siamo qui non per parlare di problemi ma per trovare delle soluzioni, continua il pediatra, la telemedicina avanzata è una di queste perché riduce l’inquinamento, è semplice e permette già ai nostri pediatri di eseguire una visita medica completa, a distanza ed in tempo reale, inclusa l’auscultazione del cuore e dei polmoni, come se il bambino fosse in ospedale mentre si trova invece seduto sul divano di casa propria», conclude – con ottimismo – il dottor Korn.
«L’azione legale ha lo scopo di accertare la violazione del diritto a vivere in un ambiente salubre, con
conseguente richiesta di risarcimento del danno, in favore dei residenti delle zone in cui è stato accertato il superamento dei limiti europei di particelle inquinanti (PM10 e biossido di azoto) contenute nell’aria del proprio comune», spiega l’avvocato Marco Tortorella di Consulcesi. «L’azione legale rappresenta la presa di coscienza dei cittadini come stimolo a trovare una soluzione. Inoltre, è anche l’occasione per spingere le Istituzioni affinché intervengano per porre rimedio a tale intollerabile situazione che, nonostante la condanna da parte della Corte di Giustizia Europea, continua a perpetrarsi», aggiunge l’Avvocato Tortorella.