Inquinamento atmosferico in Piemonte. Oltre 100mila piemontesi seguono l’azione collettiva di Consulcesi: + 22% di richieste in due mesi

Dopo Torino ci sono Novara, Asti, Alessandria e Cuneo per numero di richieste. In crescita anche i centri più piccoli. Tortorella (Consulcesi): “I dati parlano chiaro: di questo passo ancora troppo lontani dagli obiettivi europei”
In Piemonte cresce la preoccupazione per lo smog e la qualità dell’aria. Da giugno ad oggi, oltre 100mila persone hanno mostrato interesse per l’azione collettiva  Aria Pulita, portata avanti dal team di legali di Consulcesi, con un aumento in meno di due mesi pari a circa il +22%. A fare da apripista è la città di Torino,
con oltre 65mila persone interessate all’azione collettiva, seguita da Novara con poco meno di 6mila, Asti ed Alessandria con oltre 1.500, mentre Cuneo chiude la classifica delle top 5 con oltre 1.200 cittadini interessati.
Non solo, anche dai centri più piccoli, come Biella e Vercelli, si registra un graduale ma costante aumento dell’interesse verso l’azione collettiva Aria di Consulcesi. Se infatti la prima si piazza subito dopo Cuneo con circa 1.170 persone che hanno consultato il sito dedicato e richiesto informazioni su come aderire, la seconda segue con oltre mille, mentre tra Alba, Tortona e Trecate si totalizzano oltre 2.500 interessi.
“I cittadini sono sempre più consapevoli dei gravi danni alla salute legati ad un’aria malsana e il crescente numero di persone che decidono di informarsi ed agire, anche attraverso la nostra azione collettiva Aria Pulita, ne è la conferma”, commenta Massimo Tortorella, Presidente del Gruppo Consulcesi

In Piemonte i più comuni inquinati d’Italia

Il Piemonte è tra le regioni italiane che ospita più comuni candidabili all’azione collettiva Aria Pulita. Sono infatti oltre 950 i comuni piemontesi eleggibili per l’iniziativa legale tra i 3.384 comuni e città italiane individuate dal team di Consulcesi tra quelli per i quali la Corte di Giustizia Europea ha multato l’Italia per violazione del superamento dei valori soglia di polveri sottili (Pm10) e biossido d’azoto (NO2). In totale sono oltre quattro milioni le persone costrette a respirare aria cattiva e potenzialmente dannosa per la loro salute e che, per questo, possono richiedere un risarcimento allo Stato, aderendo all’azione collettiva Aria Pulita di Consulcesi.
Per partecipare all’azione collettiva, è sufficiente dimostrare, attraverso un certificato storico di residenza, di aver risieduto tra il 2008 e il 2018 in uno o più dei territori coinvolti. Per informazioni su come aderire, Consulcesi mette a disposizione il sito di Aria Pulita: www.aria-pulita.it.
La qualità dell’aria in Piemonte: i dati Quanto suggerito dal Presidente Consulcesi, trova conferma nei dati preliminari Arpa Piemonte relativi al 2023 di recente pubblicati come anche nel nuovo Rapporto ASviS Territori 2023. Dalle prime rilevazioni delle centraline Arpa, per il PM10 infatti, “in tutte le stazioni in cui è presente un analizzatore automatico, le concentrazioni medie annue rilevate risultano essere inferiori o uguali a quelle dell’anno 2022 e anche dell’anno 2021. Tutte le stazioni valutate rispettano il valore limite medio annuale previsto dalla normativa pari a 40 μg/m3”, riporta l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente. Tuttavia, facendo riferimento alla nuova soglia definita dalla Nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria da raggiungere non oltre il 2030, solo 10 su 32 centraline analizzate rispetterebbero i nuovi limiti annui di PM10, contro 22 centraline che si troverebbero invece in violazione, superando i 20 μg/m3 di media annua. Allo stesso modo, dalle analisi preliminari emerge che solo due centraline su 32 monitorate in Piemonte nel 2023 hanno superato il limite di 35 giorni di sforamento consentiti per ogni anno civile secondo la normativa vigente (con una media giornaliera di PM10 superiore a 50 μg/m3). In particolare, il superamento è stato rilevato nelle due stazioni di Torino – Rebaudengo e Settimo Torinese – Vivaldi, rispettivamente con 63 e 55 giorni di
sforamento. Anche in questo caso, tuttavia, la situazione appare molto meno rassicurante se si considera che l’Ue fissa la nuova soglia di sforamento a 18 giornate annuali, e l’OMS suggerisce di limitarle perfino a 3, entrambi abbassando altresì le concentrazioni giornaliere a 45 μg/m3. Alle attuali concentrazioni, dunque, oltre un terzo delle centraline piemontesi supera la nuova soglia Ue, mentre solo 8 su 32 rientrerebbero nei limiti OMS.
Anche per il PM2.5, tra le centraline analizzate nessuna supera il limite in vigore attualmente e pari a 25 μg/m3. Tuttavia, anche in questo caso il Piemonte risulta lontano dalla nuova soglia: sarebbero infatti 19 su 23 le centraline con un valore medio annuo superiore a 10 μg/m3 (Nuova Direttiva europea, mentre l’OMS
fissa la soglia a 5 μg/m3), risultando così fuorilegge, contro solo 4 che risulterebbero entro i nuovi limiti.
“Dobbiamo guardare agli obiettivi futuri come qualcosa da raggiungere oggi, quanto prima, poiché la strada è molto lunga – conclude il Presidente del Gruppo Consulcesi – I miglioramenti, lo confermano gli ultimi dati ma anche quelli dell’ultimo decennio, ci sono ma sono troppo piccoli. Molto di più si può e si deve fare per poter garantire a tutti il diritto ad un ambiente salubre”.

Per la Corte Ue le ferie non godute vanno monetizzate. Anaao Assomed: “Lo Stato deve a medici e dirigenti sanitari 4 miliardi di euro”

Lo Stato deve a medici e dirigenti sanitari circa 4 miliardi di euro per le oltre 5 milioni di giornate di ferie accumulate negli anni e non godute e le più di 10 milioni di ore di lavoro straordinario prestate. Il calcolo l’ha fatto il sindacato Anaao Assomed dopo che la Corte di giustizia europea, con sentenza del 18 gennaio scorso, ha sancito che le ferie annuali retribuite sono un diritto fondamentale del lavoratore e non possono essere negato o limitate in caso di cessazione del rapporto di lavoro.
Il pronunciamento riguardava il ricorso di un funzionario del Comune di Copertino (Puglia) che dopo essersi dimesso volontariamente per il prepensionamento si era visto negare il riconoscimento a un’indennità sostitutiva delle ferie annuali non godute (79 giorni) perché la legge italiana non prevede per i lavoratori del settore pubblico il diritto al pagamento delle ferie annuali non utilizzate. La Corte Ue ha sancito che quella norma contrasta con il diritto europeo.
Per il settore medico significa dover monetizzare “in media 40 giorni di ferie non fruite” per ogni dirigente, stima Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed. “Avevamo già denunciato, con lo studio del 2021, una situazione insostenibile per la salute e il benessere dei professionisti, i quali per assicurare la continuità dei servizi nonostante la cronica carenza di personale si sono trovati un credito di oltre 5 milioni di giornate di ferie accumulate negli anni e non godute e più di 10 milioni di ore di lavoro straordinario prestate. La gestione delle ferie è abbastanza complicata soprattutto nelle discipline chirurgiche e nell’area dei servizi, in cui 15,2% degli intervistati aveva dichiarato di non usufruire dei 15 giorni di ferie continuative, il 45,5% di usufruirne incluse le giornate festive, il 39,3% di usufruirne escluse le giornate festive”.
Il verdetto della Corte Ue afferma anche “la possibilità di ricevere un’indennità economica in sostituzione, la quale non può essere subordinata a ragioni esclusivamente economiche, come il risparmio di spesa pubblica e di esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico” e la sentenza è quindi uno strumento che “stabilisce regole più chiare e i confini dell’organizzazione del lavoro, per sostenere i lavoratori del settore pubblico“. Per quanto riguarda i tempi per richiedere un indennizzo, la Corte Ue ha affermato che, essendo un diritto che insorge alla fine del rapporto lavorativo, la prescrizione inizia dall’entrata in pensione e per i successivi 10 anni; quindi chi è in pensione da un paio di anni è ancora in tempo per reclamare il pagamento dei giorni di ferie maturati ma non fruiti durante il rapporto di lavoro.
Da anni Consulcesi, azienda che fornisce consulenze ai professionisti sanitari, sta portando avanti una serie di battaglie legali per far valere i diritti di coloro che hanno sacrificato le loro ferie per senso di responsabilità verso il proprio lavoro. Francesco Del Rio, avvocato di Consulcesi, avverte che “se le aziende
non si adegueranno agli standard operativi stabiliti dalla Corte di Giustizia Ue, le ripercussioni potrebbero essere molto serie per quanto riguarda il riconoscimento dell’indennità per le ferie non godute del personale sanitario”.

Massimo Tortorella

Corte Ue: il contenimento della spesa pubblica non può mai vanificare il diritto alle ferie

Nei giorni scorsi ha destato molto scalpore la notizia della decisione della Corte di Giustizia UE che ha stabilito che le ferie annuali retribuite sono un diritto fondamentale del lavoratore del settore pubblico e non possono essere negate o limitate in caso di cessazione del rapporto di lavoro, anche in caso di dimissioni. Si tratta della sentenza del 18 gennaio 2024 della prima sezione della Corte sulla causa C- 218/22, sollevata dal tribunale di Lecce in merito ad una vertenza di un dipendente comunale che aveva visto rigettare la richiesta di pagamento delle ferie non godute all’atto delle dimissioni. Le reazioni entusiastiche alla decisione sono comprensibili ma forse necessitano di qualche precisazione per ciò che
concerne il personale delle aziende sanitarie. Da parte sua l’ANAAO ha ricordato che fin dal 2021 aveva segnalato che i dirigenti sanitari si sono trovati un credito di oltre 5 milioni di giornate di ferie accumulate negli anni e non godute e ha, di conseguenza, calcolato che i dirigenti stessi hanno maturato in media 40
giorni di ferie non fruite, per un valore di circa 4 miliardi di euro. I legali dell’associazione Consulcesi – richiamando proprio l’ultimo rapporto di ANAAO – ha fatto sapere, sulla base delle ultime sentenze della Corte europea, tra cui l’ultima che comprende i dimissionari volontari, che in caso di cessazione del
rapporto di lavoro lo Stato si troverebbe di fronte ad un potenziale esborso di oltre 600 milioni di euro, solo in ambito sanitario. Ora, tra 600 milioni e 4 miliardi la differenza non è da poco ma un fatto è incontrovertibile, a prescindere dalla attendibilità della quantificazione: le ferie sono un diritto inalienabile e vanno o fruite regolarmente o monetizzate, punto. Tra l’altro, nel caso della monetizzazione non si tratta di un credito di natura retributiva ma risarcitoria, con la conseguenza che la prescrizione del credito stesso
è decennale.
Francamente, però, lo scalpore di cui si diceva non sembra del tutto giustificato perché una giurisprudenza numerosa e costante ha sempre riconosciuto il diritto alla monetizzazione e, a ben vedere, quello che hanno affermato i Giudici europei la afferma da anni la Cassazione. Da ultimo, la Suprema Corte è arrivata
anche a riconoscere il diritto anche a chi le ferie in pratica le autogestisce, cioè i dirigenti apicali (Corte di Cassazione, sez. lavoro, ordinanza n. 18140 del 6.6.2022). E’ opportuno rammentare che le pronunce della CGUE hanno efficacia retroattiva e valore erga omnes perché ad esse si affida, più che una semplice
statuizione sul caso concreto, una interpretazione autentica del diritto dell’Unione.
Chi scrive è intervenuto più volte sulla tematica sia su questo sito che sulla piattaforma SMART lavoro pubblico del Sole 24 ore. Ma perché si è arrivati a questo punto di totale disallineamento tra disposizioni legislative e giurisprudenza ? Nasce tutto da una “criticità” che risale a più di 10 anni fa. Ovviamente quando mi riferisco alla criticità intendo la questione del divieto posto nel 2012 dalla legge sulla spending review, divieto che deve essere armonizzato con il principio costituzionale della irrinunciabilità delle ferie.
Tutti i contratti collettivi della Sanità hanno timidamente accennato alla tematica ma non hanno risolto nulla, anzi hanno creato ancor più confusione con quel riferimento che hanno fatto alle “disposizioni attuative”; ma in modo improprio perché i quattro documenti citati nei contratti non sono “circolari applicative” bensì meri pareri, peraltro ampiamente superati, e il secondo del MEF è una nota interna di condivisione dell’ultimo parere della Funzione pubblica; forse sarebbe stato più opportuno ricordare la pronuncia della Corte Costituzionale n. 95 del 6.5.2016 che ha precisato il perimetro entro il quale non è da ritenere incostituzionale la norma della legge 135/2012 che ha vietato la monetizzazione delle ferie, generando una spirale vorticosa tra il principio della irrinunciabilità delle ferie e il ricordato divieto di pagamento. La citata sentenza della Consulta aveva tentato di salvare la disposizione legislativa e la Cassazione ha sempre seguito le sue indicazioni. Adesso, con la sentenza di pochi giorni fa, anche gli ultimi dubbi sono svaniti e il principio è che le ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico non possono mai vanificare il diritto alle ferie. Il lavoratore ha il solo onere di provare di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro
per ragioni indipendenti dalla sua volontà. A quest’ultimo proposito, il datore di lavoro ha l’obbligo di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto. Ma il principio di cui sopra è solare fin dal 2012 e l’art. 5, comma 8, della legge 135/2012 violava le norme comunitarie ma in modo ancora più evidente l’art. 36 della Costituzione italiana.
Speriamo, in conclusione, che la vicenda insegni qualcosa al legislatore nel senso, in particolare, che le disposizioni di questa natura non le devono scrivere i ragionieri con il solo dichiarato scopo di “risparmiare”ma le devono studiare i legisti. Purtroppo, questa pessima abitudine non sembra proprio che abbia cessato di produrre i suoi effetti perversi, basterebbe ricordare le vicende del pagamento del TFR dei dipendenti pubblici o i recenti interventi sulle pensioni, tematiche sulle quali è più che sicuro che l’esito sarà analogo alla questione della monetizzazione delle ferie.

Massimo Tortorella – Consulcesi

Lazio: Consulcesi, azione collettiva Aria Pulita a +14% nell’ultimo mese

Aumenta l’inquinamento e di pari passo il malessere dei cittadini laziali. Nella regione l’azione collettiva targata Consulcesi registra un aumento del +14%, passando da circa 20mila ad oltre 23.300 solo negli ultimi 30 giorni, tra dicembre 2023 e le prime due settimane del nuovo anno.
“Sarà per la stanchezza di fronte ai bollettini sempre più critici delle centraline di monitoraggio, per le restrizioni del traffico che complicano una mobilitazione già difficile, o per le crescenti evidenze sugli impatti devastanti sulla salute fisica e mentale, ma dal Lazio arriva un segnale chiaro: la popolazione è preoccupata e chiede azioni più incisive per migliorare la qualità dell’aria”, commenta Massimo Tortorella, presidente Consulcesi. “Che quanto è stato fatto finora per salvaguardare la salute dei cittadini non sia abbastanza è purtroppo cosa certa ormai – aggiunge Tortorella – lo confermano i dati sulla riduzione degli inquinanti e lo ribadisce ancora una volta la Commissione Europea, tornata ad esprimersi sugli sforamenti dei limiti nella Valle del Sacco, registrati in questi giorni”.
“Il Lazio è tra le regioni italiane che ospita più cittadini candidabili all’azione collettiva Aria Pulita – spiega Consulcesi – Sono infatti oltre cinque milioni e mezzo i laziali eleggibili per l’iniziativa legale tra i 3.384 comuni e città italiane individuate dal team di Consulcesi tra quelli per i quali la Corte di Giustizia Europea ha multato l’Italia per violazione del superamento dei valori soglia di polveri sottili (Pm10) e biossido d’azoto (NO2). In totale sono oltre 110 i comuni laziali in cui la popolazione è stata costretta a respirare aria cattiva e potenzialmente dannosa per la loro salute e che, per questo, possono richiedere un risarcimento alla Stato, aderendo all’azione collettiva Aria Pulita di Consulcesi”.

 

Aggiornamento medici, +30% iscrizioni a corsi a distanza Consulcesi

‘A un mese dalla scadenza gli operatori sanitari corrono ai ripari’
Per molti operatori sanitari questo ultimo mese sarà una corsa contro il tempo. L’obiettivo è raggiungere i 150 crediti del triennio formativo 2020-22 e, in via straordinaria, per la pandemia, anche i due precedenti 2014-16 e 2017-19. Manca pochissimo alla scadenza – sottolineano da Consulcesi – e non ci saranno più scappatoie. Il ministro della Salute Orazio Schillaci ha infatti ribadito che non ci saranno altre proroghe. Per gli inadempienti c’è il rischio di sanzioni amministrative, stabilite dal proprio Ordine professionale, fino alla sospensione. Il timore delle conseguenze ha spinto molti operatori sanitari a correre ai ripari ricorrendo a corsi Ecm di facile accesso, quelli a distanza (Fad).
Nelle ultime settimane Consulcesi Club ha infatti registrato un’impennata delle iscrizioni ai suoi corsi ‘da remoto’. Più precisamente – dettaglia una nota – un aumento del 30% delle adesioni ai 300 corsi da cui si possono ricavare un totale di 1500 crediti Ecm. Un aumento in linea con i dati riportati dall’Associazione
nazionale di provider formazione nella sanità (Afns) in collaborazione con il Cogeaps, il Consorzio che gestisce l’anagrafica dei crediti Ecm. Dai dati, infatti, emerge che la grande protagonista è la formazione a distanza, la modalità Fad, la cui fruizione si è quintuplicata nel triennio 2020-2022 rispetto ai due trienni
precedenti (2014-2016 e 2017-2019), con quasi 10 milioni di partecipazioni ad eventi Fad negli anni 2020/2022.
Interattiva e multimediale, con webinar, e-book e realtà virtuale: l’offerta della Fad non è mai stata così varia, assicurano da Consulcesi. “L’obiettivo è quello di aiutare quanto più possibile i professionisti sanitari ad assolvere all’obbligo formativo, in scadenza il prossimo 31 dicembre – afferma il presidente di
Consulcesi, Massimo Tortorella – E lo abbiamo fatto rinnovando completamente il Club di Consulcesi e potenziando la nostra offerta per l’aggiornamento professionale, prevedendo una moltitudine di tematiche, sempre attuali, e di modalità di fruizione”.

Per l’occasione, il catalogo di corsi Ecm online si è rinnovato, integrandolo con modelli di formazione digitali seguibili su smartphone, tablet e pc con estrema comodità. Ha suscitato grande interesse l’offerta della cosiddetta formazione ‘in simulazione’. Consulcesi Club, infatti, ha introdotto esperienze immersive e interattive in cui le scelte del protagonista in formazione si esprimono con un immediato causa-effetto che porta a finali diversi, simile al ‘modello Bandersnatch’ della famosa serie Black Mirror. A cui si aggiungono moduli di realtà virtuale esplorabili con il visore apposito, con simulazioni di manovre e procedure, e video dimostrativi sulle tecniche da adottare in casi clinici. “Ora davvero non ci sono più scuse per non assolvere all’obbligo formativo”, ironizza il presidente di Consulcesi.
“Consiglio di affrontare quest’ultimo ‘miglio’ con serietà e serenità, tenendo sempre a mente che l’aggiornamento professionale non è un’arma puntata contro, ma un ‘alleato’ per svolgere la professione al meglio delle proprie possibilità”, conclude.

Ambiente: oltre un milione di richieste per azione “Aria Pulita”

Il team di legali Consulcesi porta davanti al tribunale di Milano l’azione collettiva contro l’inquinamento atmosferico in Italia
Raggiunto e sforato il primo milione di richieste in soli 6 mesi. Da giugno ad oggi sono infatti 1.151.096 le dimostrazioni di interesse all’azione collettiva “Aria Pulita”, portata avanti dal team di legali di Consulcesi. A guidare questa lunga marcia contro l’inquinamento atmosferico in Italia è Milano. Non solo per il numero “record” di richieste, circa 212mila, ma anche perché sarà la prima città a partire con l’azione legale targata Consulcesi. È stata infatti ufficializzata l’iscrizione a ruolo della prima azione collettiva, sono stati quindi depositati i ricorsi per violazione dei limiti di PM10 e di NO2. «Ora il giudizio è pendente dinanzi al Tribunale di Milano e in attesa che venga assegnato alla Sezione e al Giudice», spiegano i legali di Consulcesi. L’udienza dovrebbe avere luogo la prossima primavera.
«È un primo bilancio positivo il quale suggerisce che siamo effettivamente sulla strada giusta e che abbiamo ben interpretato un bisogno insoddisfatto di buona parte della popolazione italiana», dichiara Massimo Tortorella, presidente di Consulcesi Group. «In pochi mesi abbiamo intercettato un gran numero di cittadini ‘eco-coscienti’, ovvero consapevoli di quanto la scarsa qualità dell’aria possa incidere negativamente sulla propria salute, che hanno deciso di dare voce al proprio diritto di vivere in un ambiente salubre», aggiunge.
Sul podio delle città più “eco-sensibili” c’è Milano con 211.286 richieste all’azione collettiva “Aria Pulita”, seguita da Roma con 140.635 dimostrazioni d’interesse e Torino con 47.893 richieste.
La prima città del Sud interessata all’iniziativa legale di Consulcesi è Napoli con 44.659 dimostrazioni d’interesse. «Per il prossimo anno ci aspettiamo numeri ancora più importanti», ammette Tortorella. «Milano farà solo da apripista e sono convinto che, a ruota, verrà seguita da molti dei 3.384 comuni e città
italiane per i quali la Corte di Giustizia Europea ha multato l’Italia per violazione del superamento dei valori soglia di polveri sottili (PM10) e biossido d’azoto (NO2)», aggiunge.

In totale sono all’incirca 40 milioni i cittadini italiani costretti a respirare aria malsana e potenzialmente dannosa per la loro salute e che, per questo, possono richiedere un risarcimento allo Stato e alle Regioni, aderendo all’azione collettiva Aria Pulita di Consulcesi. «Aderendo alla nostra iniziativa si avrà, non solo, la
possibilità di ottenere un risarcimento equo per la violazione del nostro diritto a vivere in un ambiente salubre, ma anche di prendere in mano la salute futura propria e quella dei propri cari: respirare aria pulita non è negoziabile, mai!», conclude Tortorella. Per aderire all’azione collettiva, basta dimostrare, attraverso
un certificato storico di residenza, di aver risieduto tra il 2008 e il 2018 in uno o più dei territori coinvolti.
Per scoprire se e come partecipare all’azione collettiva, Consulcesi mette a disposizione il sito di Aria Pulita: www.aria-pulita.it.

Milano prima per ecoansia, 100mila richieste per azione collettiva Aria Pulita

Milano è tra le 5 città in cui si superano più frequentemente i limiti stabiliti dall’Organizzazione mondiale della sanità sulla concentrazione di polveri sottili, ma è anche al primo posto per residenti con “ecoansia”. È così che possono essere interpretate le oltre 100mila richieste arrivate da Milano ai legali del gruppo
Consulcesi impegnati nell’azione collettiva Aria Pulita. Sulle circa 600mila dimostrazioni di interesse pervenute – si legge in una nota – quasi 102mila arrivano solo da Milano. Seguono Roma con quasi 95mila richieste e Napoli con circa 80mila.
“Il crescente interesse della popolazione italiana, in particolare dei residenti di Milano e di altre grandi città del Belpaese, è segno del sempre più diffuso sentimento di disagio legato all’inquinamento atmosferico – afferma Massimo Tortorella, presidente di Consulcesi Group – La qualità dell’aria è ormai diventata a tutti gli effetti una priorità per gli italiani, che mostrano di aver acquisito una maggior consapevolezza del legame imprescindibile tra salute ambientale e umana, attuale e futura”.
Milano – dettaglia la nota – è tra le città che sforano più i limiti di qualità dell’aria. Una recente indagine condotta da Deutsche Welle, in collaborazione con lo European Data Journalism Network, basata sui dati satellitari del servizio di monitoraggio atmosferico Copernicus, è emerso che tra il 2018 e agosto 2023 Milano è tra le città che hanno superato con più frequenza le soglie di rischio.
Su un totale di 295 settimane monitorate a Milano il limite massimo indicato dall’Oms è stato superato nel 93,2% delle settimane. Il capoluogo lombardo rientra tra i 3.384 comuni e città italiane candidabili all’azione collettiva Aria Pulita e gli stessi per i quali la Corte di giustizia europea ha multato l’Italia per
violazione del superamento dei valori soglia di polveri sottili (Pm10) e biossido d’azoto (NO2). In totale sono oltre 40 milioni le persone che possono richiedere, tramite l’iniziativa legale di Consulcesi, un risarcimento per aver respirato, loro malgrado, “aria avvelenata”.
“Il nostro auspicio è che alla crescente sensibilità dei cittadini milanesi, e non solo, sull’importanza di respirare aria pulita segua anche un cambio di marcia nelle politiche mirate a rendere più sano l’ambiente in cui viviamo”, evidenzia Tortorella. “L’obiettivo dell’azione collettiva Aria Pulita, infatti, non è soltanto
quello di aiutare i cittadini a essere risarciti per aver respirato aria inquinata, ma anche quello di stimolare i decisori politici ad affrontare coraggiosamente, una volta per tutte, l’annoso problema dell’aumento di emissioni inquinanti nell’atmosfera”, conclude il presidente di Consulcesi. Per aderire all’azione collettiva, basta dimostrare, attraverso un certificato storico di residenza, di aver risieduto dal 2008-2018 in uno o più dei territori coinvolti. Per scoprire se e come partecipare all’azione collettiva, Consulcesi mette a disposizione il sito www.aria-pulita.it.

Come prospera in Italia il business sanitario della svizzera Consulcesi

VIDEO – https://www.startmag.it/sanita/come-prospera-in-italia-il-business-
sanitario-della-svizzera-consulcesi/?nowprocket=1

Formazione, assistenza legale e copertura assicurativa per i professionisti della sanità in Italia, giustizia per gli ex specializzandi sottopagati e lotta al cambiamento climatico. Ha uffici nel nostro Paese e all’estero ma la sede
legale è a Balerna, un comune svizzero del Canton Ticino. Ecco cosa fa Consulcesi
Da oltre vent’anni si propone come punto di riferimento per i professionisti sanitari in Italia, con un’offerta che va dalla formazione, all’assistenza legale per la rivendicazione dei diritti fino alla copertura assicurativa “per svolgere serenamente il proprio lavoro”.
Si presenta così Consulcesi, che negli ultimi mesi ha ampliato il suo raggio di azione anche al marketing e alla comunicazione sempre per il mondo healthcare e life science.

CHI È IL FONDATORE DI CONSULCESI
Dietro a Consulcesi c’è Massimo Tortorella, che dopo essersi laureato in Giurisprudenza, ha aperto un Centro studi universitario per aiutare gli studenti a preparare gli esami. E proprio lì è nata l’idea che ha lanciato Consulcesi. Da due ragazzi che si erano presentati perché non avevano superato il test di ammissione di Medicina ma avevano fatto ricorso al Tar, Tortorella ha l’illuminazione: scrive su un bigliettino “Non hai superato il test di Medicina? Chiama questo numero” e riesce a diffonderlo in tutte le università.
“Mi chiamarono 10.000 aspiranti medici – ha raccontato a Sanità Informazione -. In poco tempo mi trovai dal non avere nulla ad avere un patrimonio importante”.
Ai ricorsi, si aggiunse la consulenza legale telefonica e la nascita del primo database.
Tuttavia, riferisce Tortorella, non fu tutto rose e fiori: “Vincemmo il ricorso al Tar, si iscrissero tutti a Medicina, ma poi il Consiglio di Stato ci diede torto e furono tutti buttati fuori dalle università”. I genitori non furono felici e Tortorella, con l’aiuto dell’onorevole Roberto Manzione (L’Ulivo), attraverso un disegno
di legge riuscì a sanare le posizioni di quegli studenti.

I NUMERI
Oggi Consulcesi conta 1.000 collaboratori e ha sede a Roma, Lugano, Tirana, Bruxelles e Londra. Vanta più di 130.000 clienti e oltre 5.000 consulenze legali all’anno, che sono valse 530 milioni di euro riconosciuti per cause vinte.

GLI ACCORDI COMMERCIALI
Ha stretto più di 50 accordi tra ordini, sindacati, associazioni ed enti da Nord a Sud Italia. Ci sono l’Ordine dei Medici-chirurghi e degli Odontoiatri (OMCeO) di Massa Carrara, La Spezia, Frosinone, Enna e altre province; la Società italiana di chirurgia (SIC); la Società italiana medici pediatri (SIMPe); CISL Medici
Lombardia, Piemonte, Milano Metropoli e molti altri.

COSA OFFRE IL CLUB
Consulcesi propone poi una serie di servizi a medici o ad altri professionisti sanitari che si iscrivono al suo Club, tra cui assistenza legale in ambito civile, penale e lavorativo; polizza di tutela legale in collaborazione con DAS (Gruppo Generali); formazione ECM (Educazione Continua in Medicina); convenzioni con realtà del campo legale, assicurativo e dell’entertainment.

LA BATTAGLIA LEGALE PER GLI EX SPECIALIZZANDI
Tra le battaglie legali che Consulcesi sta portando avanti c’è quella degli ex specializzandi 78-2006, secondo cui a decine di migliaia di medici (molti dei quali anche genitori di quegli studenti che avevano fatto ricorso al Tar, stando a quanto raccontato da Tortorella nell’intervista) era stato negato, durante la scuola di specializzazione, il corretto trattamento economico in violazione delle direttive comunitarie in materia.
A sostegno dell’azione intrapresa dalla società si è schierato il governo, votando all’unanimità a inizio agosto l’ordine del giorno presentato dall’onorevole di Forza Italia Nazario Pagano che richiama l’applicazione della sentenza della Corte di Giustizia Ue in favore dei professionisti sanitari coinvolti nella
vicenda.
“La prima importante notizia – aveva detto il presidente di Consulcesi, Massimo Tortorella – è che il Parlamento si sia riappropriato del suo ruolo, in questi anni lasciato invece ai tribunali. C’è una forte e chiara volontà politica, da parte di questo Esecutivo, di porre fine a questa ingiustizia”.

LOTTA ALLO SMOG
Sull’onda di quanto accaduto lo scorso giugno in Francia, dove lo Stato ha dovuto per la prima volta risarcire le vittime di smog a causa del superamento della soglia di inquinamento nella regione di Parigi, Consulcesi ha lanciato la causa Aria Pulita. Ma a differenza dell’azione legale in Francia, questa battaglia “estende la possibilità a tutti, anche a chi non riporta danni dimostrabili alla salute, a reclamare il diritto a respirare aria salubre”, afferma la società, la
quale stima che i comuni italiani fuori legge siano 3.384, per un totale di più di 40 milioni di residenti.
“Secondo quanto riporta il team legale – si legge su Adnkronos -, è possibile richiedere un risarcimento pari a 36mila euro per ogni anno in cui si è riseduto nell’area dove la Corte Ue ha accertato la violazione nel decennio 2008-2018 per un totale, dunque, di oltre 300mila euro”.
Per tentare di ottenere il risarcimento è necessario aver risieduto per almeno 1 anno continuativo, nel periodo compreso tra il 2008 e il 2018, in uno o più dei 3.384 comuni italiani individuati e versare un contributo di 350 euro per aderire all’Azione Legale Collettiva.
“Una piccola quota, un grande risarcimento”, è lo slogan di Consulcesi, che stima un risarcimento giornaliero fino a 99 euro, “in base alla valutazione discrezionale del giudice, che decide in via equitativa”, e annuo fino a 36mila euro, a seconda del numero di anni in cui si è vissuto in comuni inquinati.
Una battaglia che, a quanto dichiarato una decina di giorni fa da Tortorella, sta riscuotendo un notevole successo: “Nelle ultime settimane c’è stato un incremento del 20% dei partecipanti alla nostra causa per le violazioni dei limiti di Pm10 e biossido di Azoto in oltre 3mila comuni italiani. In pochi mesi abbiamo
raccolto già decine di migliaia di adesioni che di giorno in giorno crescono esponenzialmente”.

OLTRE LA FORMAZIONE E LA CONSULENZA LEGALE
Lo scorso maggio Consulcesi ha avviato anche Homnya, che realizza progetti omnichannel partendo dalla definizione della strategia per clienti che si  occupano di healthcare e life science. La NewCo, spiega Engage, può contare su “un’importante banca dati informativa di settore”, “contatti profilati e consensati di professionisti sanitari in grado di segmentare il target di riferimento e personalizzare l’offerta di servizi ai progetti”, “progetti di marketing e comunicazione” e “distribution che si sviluppa in un ecosistema completamente dedicato ai protagonisti della sanità”.
Inoltre, “come parte di Consulcesi Group, Homnya sviluppa progetti integrati con Sics, health media company e content factory del sistema sanitario, nonché casa editrice dei giornali online Quotidiano Sanità e Sanità Informazione e di più di 40 riviste specializzate”.

Ambiente, Consulcesi: cresce adesione azione collettiva “Aria pulita”

Maggior parte delle richieste viene dal Nord Italia

Cresce l’adesione all’azione legale collettiva “Aria Pulita” promossa per le violazioni dei limiti di Pm10 e biossido di Azoto in oltre 3 mila comuni italiani dal network legale di Consulcesi. «Nelle ultime settimane – annuncia il presidente Massimo Tortorella – c`è stato un incremento del 20% dei partecipanti alla nostra
causa: in pochi mesi abbiamo raccolto già decine di migliaia di adesioni che di giorno in giorno crescono esponenzialmente». La maggior parte delle adesioni, oltre il 65% – si legge in una nota – arrivano dal Nord Italia: Milano, Brescia, Modena, Bologna, Carpi e molti altri comuni tra i più popolosi della Pianura Padana.
Il 20% circa arriva invece dalle città del Centro Italia, in primi Roma, seguita da  Prato e Firenze. Le restanti, invece, provengono dalle grandi città del Sud, come Napoli, Taranto e Brindisi. E dalla Sicilia con Catania e Palermo che fanno da capofila. Sono tutti comuni e città che rientrano nell`elenco degli oltre 3.300
individuati dal team di legali di Consulcesi come candidabili all`azione collettiva “Aria Pulita” e gli stessi per i quali la Corte di Giustizia Europea ha multato l`Italia per violazione del superamento dei valori soglia di polveri sottili (PM10) e biossido d`azoto (NO2). In totale sono oltre 40 milioni lepersone che possono
richiedere, tramite l`iniziativa legale di Consulcesi, un risarcimento per aver respirato, loro malgrado, “aria avvelenata”.
«Siamo convinti che l`ampia partecipazione all`azione collettiva `Aria Pulita`, oltre a riconoscere un risarcimento per il danno subito e accertato dalla stessa Corte di Giustizia Europea, servirà a scuotere le coscienze dei decisori politici. Speriamo che, una volta messi alle strette, sentiranno più forte la necessità di
mettere finalmente in atto tutte le misure urgenti e necessarie di contrasto all`inquinamento atmosferico a tutela del diritto di ogni cittadino di vivere in un ambiente salubre. È importante per noi oggi e lo sarà di più per i nostri figli e le generazioni future ancora”, conclude Tortorella.

Con caldo e inquinamento il rischio di infarto raddoppia

Una ricerca cinese sui dati di cinque anni ha trovato una correlazione significativa tra il rischio di decessi per infarto e giorni caratterizzati da caldo e da freddo estremo e alti livelli di particolato nell’aria
Il mix di caldo e inquinamento può essere micidiale. Tanto da raddoppiare il rischio di morte per infarto.

Sono allarmanti le conclusioni di un nuovo studio condotto dalla Sun Yat-sen University di Guangzhou (Cina), pubblicato su Circulation, la rivista di punta dell’American Heart Association. Nel dettaglio la ricerca, analizzando i dati di una singola provincia cinese nell’arco di cinque anni, ha trovato una correlazione significativa tra il rischio di decessi per infarto e giorni caratterizzati da caldo estremo – ma anche di freddo estremo – e alti livelli di particolato nell’aria.
Lo studio ha anche rivelato un particolare aumento dei decessi per infarto nei periodi estremamente caldi tra le donne rispetto agli uomini e negli anziani rispetto ai giovani. I dati mostrano anche che il rischio di attacchi cardiaci mortali si intensifica quanto più a lungo dura un evento meteorologico estremo. Ma i risultati più eclatanti riguardano il mix di caldo estremo e inquinamento: il rischio di attacchi cardiaci fatali è raddoppiato durante le ondate di caldo di quattro giorni quando i livelli di inquinamento da particolato fine sono superiori a 37,5 microgrammi per metro cubo.
“Le ondate di calore stanno diventando più frequenti, più lunghe e più intense e i loro effetti negativi sulla salute sono davvero molto preoccupanti”, commenta Giovanni Esposito, direttore della UOC di Cardiologia, Emodinamica e UTIC dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli e presidente della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE). “A questo si aggiunge un altro problema che riguarda la presenza elevata di particolato fine nell’aria, che può interagire sinergicamente con temperature estreme per influire in modo negativo sulla salute cardiovascolare”, aggiunge.

Prese in esame 200 mila morti per infarto
Lo studio ha esaminato oltre 202.000 morti per infarto tra il 2015 e il 2020 nella provincia di Jiangsu, in Cina. Il particolato, o inquinamento da particelle, è il mix di goccioline solide e liquide che galleggiano nell’aria. Questo studio si è concentrato sui danni causati dal particolato più piccolo: PM2.5. È così piccolo – 1/20 di larghezza di un capello umano – che le persone non possono vederlo e può superare le normali difese del corpo. Invece di essere espirato, può rimanere bloccato nei polmoni o entrare nel flusso sanguigno. Le particelle causano irritazione e infiammazione e possono portare a problemi respiratori.
L’esposizione a lungo termine al particolato può causare cancro, ictus e infarto.
“Lo studio cinese ha osservato che nei giorni in cui l’inquinamento superava i 37,5 microgrammi per metro cubo e un’ondata di caldo durava quattro giorni, il rischio che qualcuno morisse per un infarto era il doppio del solito”, sottolinea Esposito. Le ondate di freddo e le giornate ad alto inquinamento non sembrano avere lo stesso effetto.

Temperature “estreme” anche tra 28 e 37 gradi
Le temperature estreme considerate dagli scienziati non sono solo quelle in cui il termometro raggiunge o sfora i 40 °C. Basta anche che le temperature si aggirino tra i 28° C e i 37° C. In questa finestra, infatti, durante un’ondata di caldo di due giorni, il rischio di morire per un infarto è risultato del 18% più alto.
Mentre durante un’ondata di caldo di quattro giorni, con temperature tra i 38 °C e i 43 °C, il rischio di morire per un attacco di cuore è del 74% maggiore. In definitiva, i ricercatori stimano che fino al 2,8% dei decessi per infarto possa essere attribuito alla combinazione di temperature estreme e alti livelli di
inquinamento da particolato fine.
“Considerata la maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi dovuti ai cambiamenti climatici, le persone dovranno prestare molta più attenzione alle temperature e ai livelli di inquinamento prima di uscire di casa e prendere le dovute precauzioni se vogliono prendersi cura della propria salute cardiaca”,
raccomanda Esposito.
“Le persone più a rischio infarto a temperature estreme, cioè coloro con patologie pregresse, gli anziani e i giovanissimi, dovrebbero assicurarsi di rimanere in casa nei giorni caldi e ad alto inquinamento. È consigliabile – continua – anche utilizzare un purificatore d’aria, ventilatori e condizionatori e, se si deve uscire, meglio farlo di mattina presto quando le temperature sono più basse e indossando abiti larghi e di colore più chiaro”.
Come impatta sulla salute il mix caldo-inquinamento?
Anche se lo studio non spiega in che modo il mix di caldo e inquinamento impatta sulla salute, ci sono numerose evidenze della relazione complessa esistente tra temperature eccezionalmente elevate e inquinamento: più inquinanti immettiamo in atmosfera maggiori sono i cambiamenti climatici e, di
conseguenza, maggiore è la frequenza e l’intensità delle ondate di calore che, a loro volta, aumentano la concentrazione di polveri sottili (PM2.5).
A questo si aggiungono gli adattamenti fisiologici del corpo che per regolare la temperatura aumenta la frequenza respiratoria e l’afflusso di sangue periferico, incrementando così l’esposizione agli inquinanti ambientali.

Preoccupazione per i più fragili
“Siamo molto preoccupati dell’impatto che questo mix di caldo estremo e inquinamento atmosferico può avere sulla salute degli italiani, specialmente la popolazione più fragile”, commenta Massimo Tortorella, presidente Consulcesi. “In letteratura scientifica ci sono numerose evidenze che collegano questo micidiale cocktail all’aumento di problemi a carico dell’apparato respiratorio e cardiovascolare, come asma, polmoniti, broncopneumopatia cronica ostruttiva e anche infarto, ictus e altri tipi di coronaropatie – continua -. E sempre più italiani se ne stanno rendendo conto. Non è un caso se nell’ultima settimana abbiamo registrato un aumento di ben il 20% delle adesioni alla nostra azione collettiva ‘Aria Pulita’”.

Iniziativa legale in Italia
È infatti in corso in Italia un’iniziativa legale rivolta a oltre 40 milioni di italiani, residenti in più 3.330 comuni in cui la Corte di Giustizia Europea ha accertato violazioni per il superamento dei valori soglia di inquinamento, che ha come obiettivo risarcire coloro a cui non è stato garantito il diritto a vivere in un
ambiente salubre.
Nel frattempo i ricercatori cinesi – e non solo – sottolineano la necessità di condurre ulteriori ricerche sui possibili effetti negativi di eventi meteorologici estremi e l’inquinamento da particolato fine, per poter comprendere meglio la relazione tra caldo estremo e inquinamento, e il suo impatto sulla nostra salute.