Inquinamento atmosferico in Piemonte. Oltre 100mila piemontesi seguono l’azione collettiva di Consulcesi: + 22% di richieste in due mesi

Dopo Torino ci sono Novara, Asti, Alessandria e Cuneo per numero di richieste. In crescita anche i centri più piccoli. Tortorella (Consulcesi): “I dati parlano chiaro: di questo passo ancora troppo lontani dagli obiettivi europei”
In Piemonte cresce la preoccupazione per lo smog e la qualità dell’aria. Da giugno ad oggi, oltre 100mila persone hanno mostrato interesse per l’azione collettiva  Aria Pulita, portata avanti dal team di legali di Consulcesi, con un aumento in meno di due mesi pari a circa il +22%. A fare da apripista è la città di Torino,
con oltre 65mila persone interessate all’azione collettiva, seguita da Novara con poco meno di 6mila, Asti ed Alessandria con oltre 1.500, mentre Cuneo chiude la classifica delle top 5 con oltre 1.200 cittadini interessati.
Non solo, anche dai centri più piccoli, come Biella e Vercelli, si registra un graduale ma costante aumento dell’interesse verso l’azione collettiva Aria di Consulcesi. Se infatti la prima si piazza subito dopo Cuneo con circa 1.170 persone che hanno consultato il sito dedicato e richiesto informazioni su come aderire, la seconda segue con oltre mille, mentre tra Alba, Tortona e Trecate si totalizzano oltre 2.500 interessi.
“I cittadini sono sempre più consapevoli dei gravi danni alla salute legati ad un’aria malsana e il crescente numero di persone che decidono di informarsi ed agire, anche attraverso la nostra azione collettiva Aria Pulita, ne è la conferma”, commenta Massimo Tortorella, Presidente del Gruppo Consulcesi

In Piemonte i più comuni inquinati d’Italia

Il Piemonte è tra le regioni italiane che ospita più comuni candidabili all’azione collettiva Aria Pulita. Sono infatti oltre 950 i comuni piemontesi eleggibili per l’iniziativa legale tra i 3.384 comuni e città italiane individuate dal team di Consulcesi tra quelli per i quali la Corte di Giustizia Europea ha multato l’Italia per violazione del superamento dei valori soglia di polveri sottili (Pm10) e biossido d’azoto (NO2). In totale sono oltre quattro milioni le persone costrette a respirare aria cattiva e potenzialmente dannosa per la loro salute e che, per questo, possono richiedere un risarcimento allo Stato, aderendo all’azione collettiva Aria Pulita di Consulcesi.
Per partecipare all’azione collettiva, è sufficiente dimostrare, attraverso un certificato storico di residenza, di aver risieduto tra il 2008 e il 2018 in uno o più dei territori coinvolti. Per informazioni su come aderire, Consulcesi mette a disposizione il sito di Aria Pulita: www.aria-pulita.it.
La qualità dell’aria in Piemonte: i dati Quanto suggerito dal Presidente Consulcesi, trova conferma nei dati preliminari Arpa Piemonte relativi al 2023 di recente pubblicati come anche nel nuovo Rapporto ASviS Territori 2023. Dalle prime rilevazioni delle centraline Arpa, per il PM10 infatti, “in tutte le stazioni in cui è presente un analizzatore automatico, le concentrazioni medie annue rilevate risultano essere inferiori o uguali a quelle dell’anno 2022 e anche dell’anno 2021. Tutte le stazioni valutate rispettano il valore limite medio annuale previsto dalla normativa pari a 40 μg/m3”, riporta l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente. Tuttavia, facendo riferimento alla nuova soglia definita dalla Nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria da raggiungere non oltre il 2030, solo 10 su 32 centraline analizzate rispetterebbero i nuovi limiti annui di PM10, contro 22 centraline che si troverebbero invece in violazione, superando i 20 μg/m3 di media annua. Allo stesso modo, dalle analisi preliminari emerge che solo due centraline su 32 monitorate in Piemonte nel 2023 hanno superato il limite di 35 giorni di sforamento consentiti per ogni anno civile secondo la normativa vigente (con una media giornaliera di PM10 superiore a 50 μg/m3). In particolare, il superamento è stato rilevato nelle due stazioni di Torino – Rebaudengo e Settimo Torinese – Vivaldi, rispettivamente con 63 e 55 giorni di
sforamento. Anche in questo caso, tuttavia, la situazione appare molto meno rassicurante se si considera che l’Ue fissa la nuova soglia di sforamento a 18 giornate annuali, e l’OMS suggerisce di limitarle perfino a 3, entrambi abbassando altresì le concentrazioni giornaliere a 45 μg/m3. Alle attuali concentrazioni, dunque, oltre un terzo delle centraline piemontesi supera la nuova soglia Ue, mentre solo 8 su 32 rientrerebbero nei limiti OMS.
Anche per il PM2.5, tra le centraline analizzate nessuna supera il limite in vigore attualmente e pari a 25 μg/m3. Tuttavia, anche in questo caso il Piemonte risulta lontano dalla nuova soglia: sarebbero infatti 19 su 23 le centraline con un valore medio annuo superiore a 10 μg/m3 (Nuova Direttiva europea, mentre l’OMS
fissa la soglia a 5 μg/m3), risultando così fuorilegge, contro solo 4 che risulterebbero entro i nuovi limiti.
“Dobbiamo guardare agli obiettivi futuri come qualcosa da raggiungere oggi, quanto prima, poiché la strada è molto lunga – conclude il Presidente del Gruppo Consulcesi – I miglioramenti, lo confermano gli ultimi dati ma anche quelli dell’ultimo decennio, ci sono ma sono troppo piccoli. Molto di più si può e si deve fare per poter garantire a tutti il diritto ad un ambiente salubre”.

Per la Corte Ue le ferie non godute vanno monetizzate. Anaao Assomed: “Lo Stato deve a medici e dirigenti sanitari 4 miliardi di euro”

Lo Stato deve a medici e dirigenti sanitari circa 4 miliardi di euro per le oltre 5 milioni di giornate di ferie accumulate negli anni e non godute e le più di 10 milioni di ore di lavoro straordinario prestate. Il calcolo l’ha fatto il sindacato Anaao Assomed dopo che la Corte di giustizia europea, con sentenza del 18 gennaio scorso, ha sancito che le ferie annuali retribuite sono un diritto fondamentale del lavoratore e non possono essere negato o limitate in caso di cessazione del rapporto di lavoro.
Il pronunciamento riguardava il ricorso di un funzionario del Comune di Copertino (Puglia) che dopo essersi dimesso volontariamente per il prepensionamento si era visto negare il riconoscimento a un’indennità sostitutiva delle ferie annuali non godute (79 giorni) perché la legge italiana non prevede per i lavoratori del settore pubblico il diritto al pagamento delle ferie annuali non utilizzate. La Corte Ue ha sancito che quella norma contrasta con il diritto europeo.
Per il settore medico significa dover monetizzare “in media 40 giorni di ferie non fruite” per ogni dirigente, stima Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed. “Avevamo già denunciato, con lo studio del 2021, una situazione insostenibile per la salute e il benessere dei professionisti, i quali per assicurare la continuità dei servizi nonostante la cronica carenza di personale si sono trovati un credito di oltre 5 milioni di giornate di ferie accumulate negli anni e non godute e più di 10 milioni di ore di lavoro straordinario prestate. La gestione delle ferie è abbastanza complicata soprattutto nelle discipline chirurgiche e nell’area dei servizi, in cui 15,2% degli intervistati aveva dichiarato di non usufruire dei 15 giorni di ferie continuative, il 45,5% di usufruirne incluse le giornate festive, il 39,3% di usufruirne escluse le giornate festive”.
Il verdetto della Corte Ue afferma anche “la possibilità di ricevere un’indennità economica in sostituzione, la quale non può essere subordinata a ragioni esclusivamente economiche, come il risparmio di spesa pubblica e di esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico” e la sentenza è quindi uno strumento che “stabilisce regole più chiare e i confini dell’organizzazione del lavoro, per sostenere i lavoratori del settore pubblico“. Per quanto riguarda i tempi per richiedere un indennizzo, la Corte Ue ha affermato che, essendo un diritto che insorge alla fine del rapporto lavorativo, la prescrizione inizia dall’entrata in pensione e per i successivi 10 anni; quindi chi è in pensione da un paio di anni è ancora in tempo per reclamare il pagamento dei giorni di ferie maturati ma non fruiti durante il rapporto di lavoro.
Da anni Consulcesi, azienda che fornisce consulenze ai professionisti sanitari, sta portando avanti una serie di battaglie legali per far valere i diritti di coloro che hanno sacrificato le loro ferie per senso di responsabilità verso il proprio lavoro. Francesco Del Rio, avvocato di Consulcesi, avverte che “se le aziende
non si adegueranno agli standard operativi stabiliti dalla Corte di Giustizia Ue, le ripercussioni potrebbero essere molto serie per quanto riguarda il riconoscimento dell’indennità per le ferie non godute del personale sanitario”.

Massimo Tortorella

Corte Ue: il contenimento della spesa pubblica non può mai vanificare il diritto alle ferie

Nei giorni scorsi ha destato molto scalpore la notizia della decisione della Corte di Giustizia UE che ha stabilito che le ferie annuali retribuite sono un diritto fondamentale del lavoratore del settore pubblico e non possono essere negate o limitate in caso di cessazione del rapporto di lavoro, anche in caso di dimissioni. Si tratta della sentenza del 18 gennaio 2024 della prima sezione della Corte sulla causa C- 218/22, sollevata dal tribunale di Lecce in merito ad una vertenza di un dipendente comunale che aveva visto rigettare la richiesta di pagamento delle ferie non godute all’atto delle dimissioni. Le reazioni entusiastiche alla decisione sono comprensibili ma forse necessitano di qualche precisazione per ciò che
concerne il personale delle aziende sanitarie. Da parte sua l’ANAAO ha ricordato che fin dal 2021 aveva segnalato che i dirigenti sanitari si sono trovati un credito di oltre 5 milioni di giornate di ferie accumulate negli anni e non godute e ha, di conseguenza, calcolato che i dirigenti stessi hanno maturato in media 40
giorni di ferie non fruite, per un valore di circa 4 miliardi di euro. I legali dell’associazione Consulcesi – richiamando proprio l’ultimo rapporto di ANAAO – ha fatto sapere, sulla base delle ultime sentenze della Corte europea, tra cui l’ultima che comprende i dimissionari volontari, che in caso di cessazione del
rapporto di lavoro lo Stato si troverebbe di fronte ad un potenziale esborso di oltre 600 milioni di euro, solo in ambito sanitario. Ora, tra 600 milioni e 4 miliardi la differenza non è da poco ma un fatto è incontrovertibile, a prescindere dalla attendibilità della quantificazione: le ferie sono un diritto inalienabile e vanno o fruite regolarmente o monetizzate, punto. Tra l’altro, nel caso della monetizzazione non si tratta di un credito di natura retributiva ma risarcitoria, con la conseguenza che la prescrizione del credito stesso
è decennale.
Francamente, però, lo scalpore di cui si diceva non sembra del tutto giustificato perché una giurisprudenza numerosa e costante ha sempre riconosciuto il diritto alla monetizzazione e, a ben vedere, quello che hanno affermato i Giudici europei la afferma da anni la Cassazione. Da ultimo, la Suprema Corte è arrivata
anche a riconoscere il diritto anche a chi le ferie in pratica le autogestisce, cioè i dirigenti apicali (Corte di Cassazione, sez. lavoro, ordinanza n. 18140 del 6.6.2022). E’ opportuno rammentare che le pronunce della CGUE hanno efficacia retroattiva e valore erga omnes perché ad esse si affida, più che una semplice
statuizione sul caso concreto, una interpretazione autentica del diritto dell’Unione.
Chi scrive è intervenuto più volte sulla tematica sia su questo sito che sulla piattaforma SMART lavoro pubblico del Sole 24 ore. Ma perché si è arrivati a questo punto di totale disallineamento tra disposizioni legislative e giurisprudenza ? Nasce tutto da una “criticità” che risale a più di 10 anni fa. Ovviamente quando mi riferisco alla criticità intendo la questione del divieto posto nel 2012 dalla legge sulla spending review, divieto che deve essere armonizzato con il principio costituzionale della irrinunciabilità delle ferie.
Tutti i contratti collettivi della Sanità hanno timidamente accennato alla tematica ma non hanno risolto nulla, anzi hanno creato ancor più confusione con quel riferimento che hanno fatto alle “disposizioni attuative”; ma in modo improprio perché i quattro documenti citati nei contratti non sono “circolari applicative” bensì meri pareri, peraltro ampiamente superati, e il secondo del MEF è una nota interna di condivisione dell’ultimo parere della Funzione pubblica; forse sarebbe stato più opportuno ricordare la pronuncia della Corte Costituzionale n. 95 del 6.5.2016 che ha precisato il perimetro entro il quale non è da ritenere incostituzionale la norma della legge 135/2012 che ha vietato la monetizzazione delle ferie, generando una spirale vorticosa tra il principio della irrinunciabilità delle ferie e il ricordato divieto di pagamento. La citata sentenza della Consulta aveva tentato di salvare la disposizione legislativa e la Cassazione ha sempre seguito le sue indicazioni. Adesso, con la sentenza di pochi giorni fa, anche gli ultimi dubbi sono svaniti e il principio è che le ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico non possono mai vanificare il diritto alle ferie. Il lavoratore ha il solo onere di provare di non aver goduto delle ferie nel corso di detto rapporto di lavoro
per ragioni indipendenti dalla sua volontà. A quest’ultimo proposito, il datore di lavoro ha l’obbligo di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore sia effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto. Ma il principio di cui sopra è solare fin dal 2012 e l’art. 5, comma 8, della legge 135/2012 violava le norme comunitarie ma in modo ancora più evidente l’art. 36 della Costituzione italiana.
Speriamo, in conclusione, che la vicenda insegni qualcosa al legislatore nel senso, in particolare, che le disposizioni di questa natura non le devono scrivere i ragionieri con il solo dichiarato scopo di “risparmiare”ma le devono studiare i legisti. Purtroppo, questa pessima abitudine non sembra proprio che abbia cessato di produrre i suoi effetti perversi, basterebbe ricordare le vicende del pagamento del TFR dei dipendenti pubblici o i recenti interventi sulle pensioni, tematiche sulle quali è più che sicuro che l’esito sarà analogo alla questione della monetizzazione delle ferie.

Massimo Tortorella – Consulcesi

Lazio: Consulcesi, azione collettiva Aria Pulita a +14% nell’ultimo mese

Aumenta l’inquinamento e di pari passo il malessere dei cittadini laziali. Nella regione l’azione collettiva targata Consulcesi registra un aumento del +14%, passando da circa 20mila ad oltre 23.300 solo negli ultimi 30 giorni, tra dicembre 2023 e le prime due settimane del nuovo anno.
“Sarà per la stanchezza di fronte ai bollettini sempre più critici delle centraline di monitoraggio, per le restrizioni del traffico che complicano una mobilitazione già difficile, o per le crescenti evidenze sugli impatti devastanti sulla salute fisica e mentale, ma dal Lazio arriva un segnale chiaro: la popolazione è preoccupata e chiede azioni più incisive per migliorare la qualità dell’aria”, commenta Massimo Tortorella, presidente Consulcesi. “Che quanto è stato fatto finora per salvaguardare la salute dei cittadini non sia abbastanza è purtroppo cosa certa ormai – aggiunge Tortorella – lo confermano i dati sulla riduzione degli inquinanti e lo ribadisce ancora una volta la Commissione Europea, tornata ad esprimersi sugli sforamenti dei limiti nella Valle del Sacco, registrati in questi giorni”.
“Il Lazio è tra le regioni italiane che ospita più cittadini candidabili all’azione collettiva Aria Pulita – spiega Consulcesi – Sono infatti oltre cinque milioni e mezzo i laziali eleggibili per l’iniziativa legale tra i 3.384 comuni e città italiane individuate dal team di Consulcesi tra quelli per i quali la Corte di Giustizia Europea ha multato l’Italia per violazione del superamento dei valori soglia di polveri sottili (Pm10) e biossido d’azoto (NO2). In totale sono oltre 110 i comuni laziali in cui la popolazione è stata costretta a respirare aria cattiva e potenzialmente dannosa per la loro salute e che, per questo, possono richiedere un risarcimento alla Stato, aderendo all’azione collettiva Aria Pulita di Consulcesi”.